Un robot in sala operatoria? Impensabile! Questa sarebbe stata la reazione dei chirurghi degli anni ’90 ad una simile affermazione. Ma le cose cambiano, specie in ambito tecnologico, ed anche in fretta. Se, infatti, appena qualche decennio fa, parlare di chirurgia robotica rimandava a film di fantascienza, al giorno d’oggi non è più così.

La tecnologia in campo medico (ed in particolare chirurgico) sembra fare passi avanti ogni giorno che passa, e tra qualche anno diventerà un ausilio fondamentale per ridurre i rischi degli interventi dovuti ad errori ed imprecisione umana.

Uno dei primi esempi è il robot “Da Vinci”, chiamato così in onore del grande Leonardo Da Vinci. Si tratta di uno strumento dotato di bracci elettronici sui quali vengono montati gli strumenti necessari ad eseguire l’intervento, e viene guidato attraverso uno schermo 3d da un chirurgo. In un decennio questo robot è stato utilizzato per 2 milioni di pazienti, per degli interventi chirurgici poco invasivi.

La casa di produzione del robot ha però specificato che un’operazione fatta con l’ausilio del robot non è esente da rischi, anche se per alcuni interventi è stato riscontrato un tasso minore di complicanze post-operatorie, nonché minori perdite di sangue e una degenza in ospedale dopo l’operazione dei pazienti di meno giorni rispetto a quelli previsti per lo stesso tipo di intervento ma condotto in modo tradizionale. In questo modo è possibile ritornare alle attività quotidiane in minor tempo. Inoltre, i benefici riguardano il dolore dopo l’operazione, che in molti casi è ridotto, così come il risultato estetico. 

Le stime effettuate prevedono entro il 2023 un giro d’affari per questo tipo di tecnologia di 12 miliardi di dollari, c’è chi ipotizza addirittura un raddoppio di questa cifra.

Il rovescio della medaglia

Se, così come è stata appena presentata la chirurgia robotica appare un’innovazione imperdibile e la cui diffusione è auspicabile in tutto il mondo, c’è da considerare anche il punto di vista di chi è scettico.

Negli Stati Uniti sono stati effettuati numerosi interventi chirurgici con questo metodo, e l’allarme arriva proprio da lì. Sembrerebbe, infatti, che questi apparecchi verrebbero usati con troppa disinvoltura, da operatori che non ponderano bene il rapporto tra rischi e benefici.

Due medici americani, infatti, ritengono necessarie delle regole che guidino l’utilizzo appropriato del mezzo robotico. Questo perché sono stati raccolti dei dati a riguardo che intendono porre un freno, almeno negli States. Si pensi ad uno studio condotto su circa 500 pazienti, riguardante un intervento di resezione anteriore del retto bassa, frequente nel trattamento di tumore al retto. Per questi pazienti non si è verificato alcun miglioramento.

O, ancora, una ricerca condotta nel 2017 su 23 mila pazienti sottoposti a resezione radicale del rene: anche per questi soggetti non si sono verificati miglioramenti ma il costo dell’operazione è stato molto più elevato rispetto alla chirurgia normale.

Lo scorso anno, invece, sono state pubblicate due ricerche effettuate da esperti che hanno sottolineato il collegamento tra l’utilizzo della chirurgia robotica e il declino dei tassi di sopravvivenza in caso di alcuni tipi di operazione, specialmente dopo la rimozione del tumore alla cervice.

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