I social media, è ormai un’evidenza compresa dai più, sono lo strumento più adatto per favorire i processi decisionale bottom-up, ossia basati sull’ampia partecipazione della base. I social media, e soprattutto i social network, quasi smantellano le gerarchie imponendo flussi comunicativi sempre più orizzontali. Il cambiamento sta contagiando anche la politica, settore tradizionalmente conservativo.
Non sono pochi i politici che comunicano con gli elettori attraverso Facebook e Twitter. La maggior parte di essi – si potrebbe obiettare – è presente online per questioni di puro consenso, ma è in dubbio che un altrettanto cospicua parte utilizzi il web per recepire le istanze provenienti dal basso.
In questo panorama, è impossibile pensare ad un sindacato – per sua stessa definizione incentrato sull’ascolto del popolo – che ignori lo strumento social media. Infatti, Cgil, Cisl e compagnia bella ‘occupano’ stabilmente gli spazi concessi dai nuovi media.
Il quadro, tuttavia, è altamente disomogeneo, e per intensità della comunicazione e per gli usi che se ne fanno. Le differenze sono letteralmente esplose in occasione degli ultimi avvenimenti riguardanti la riforma del lavoro.
In generale si evince che, per quanto concerne i sindacati, ‘più si va a sinistra più aumenta il grado di partecipazione’. La Cgil, afferente all’area social-comunista, possiede un approccio ai new media davvero totalizzante.
Il sindacato guidato dalla Camusso utilizza Facebook, Twitter, Youtube per informare sulle iniziative e sui risultati delle trattative ma, soprattutto, per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla tematiche riguardanti la situazione lavorativa degli italiani. Moltissimo spazio è dedicato a testimonianze dirette dei lavoratori, attraverso la diffusione di contenuti multimediali. Il sindacato ‘rosso’, dunque, pare aver interpretato nella sua versione più moderna lo strumento social network. Interpretazione molto bidirezionale, coincidente con il motto “create, share, listen to”.
La Cisl, sindacato guidato da Bonanni e afferente all’area social-democristiana, ha un approccio diverso, più asettico e informativo. Ovviamente è anch’esso molto presente sui social media, ma solo per informare sulle ultime novità del sindacato e sui progressi nelle trattative con le parti sociali e lo Stato. Poca la partecipazione e gli impulsi alla creazione di una comunità, tanto off quanto online.
La Fiom, sindacato dei metalmeccanici possibilmente ancora più sinistrorso della Cgil, condivide con quest’ultimo il tipo di comunicazione nei social media. L’unica differenza di fondo è che per sua stessa natura (rappresenta una specifica categoria) non può adottare strategie trasversalmente inglobanti.
I numeri, infine, parlano di una presenza comunque costante dei tre principali sindacati italiani. A spiccare, di nuovo, è la Cgil con 40.000 fan su Facebook, 10.600 follower su Twitter, 600 iscritti al canale Youtube (che comunque conta 650.000 visualizzazioni). Sulla stessa scia la Fiom che conta 6.000 seguaci sulla piattaforma di microblogging. Segue a distanza la Cisl con 1.800.
La Uil e la Ugl? Non ce li siamo dimenticati. Semplicemente, non sono granché presenti sui social network. Nel caso della Uil l’assenza è pressoché totale (ciò stupisce e rammarica). L’Ugl, sindacato afferente all’area di centro-destra, supera a stento i 1.000 follower su Twitter.